Una supermamma ci spiega cosa fare

Ci sono i medici, gli esperti della patologia, e poi ci sono le mamme, esperte dei loro bambini. Alcuni consigli dalla voce di chi ha già avuto a che fare con le infestazioni da pidocchi. Per uscirne non servono solo terapie...

Natascia è la supermamma alla quale abbiamo chiesto aiuto per capire al meglio tutte le difficoltà e le dinamiche che sono alla base del problema pediculosi. Mamma di quattro figli con la passione per la chimica, interesse che con il tempo è diventato anche un lavoro, Natascia è stata preziosa, aggettivo che sembra essere stato coniato appositamente per tutte le mamme, perché ha messo in prima linea la sua esperienza sul campo.

Gli esperti, come medici e dermatologi, hanno ovviamente la loro importanza, ma la figura della mamma è centrale nella lotta ai pidocchi anche per i risvolti di natura psicologica che questa patologia porta con sè e per il contatto diretto con il suo piccolo "paziente".
Assolutamente sì. Con loro dobbiamo fare molta attenzione all'aspetto psicologico in particolare a quello della colpevolizzazione: il nostro bambino deve già affrontare il disagio fisico legato alla presenza del parassita, con tutto ciò che ne consegue, non c'è bisogno di aggiungere un altro problema. Quindi le parole da usare sono quelle della rassicurazione, del resto il pidocchio è ubiquitario e non dipende da noi. Dobbiamo cercare di farlo capire in parole più semplici anche al nostro bambino, servirà per farlo tranquillizzare.
Certamente. La prima cosa che noi mamme dobbiamo toglierci dalla testa è la vergogna di avere il bambino con i pidocchi: perché, come detto, il pidocchio non è sinonimo di mancanza di igiene. Anzi è un parassita che adora i profumi dolci quali quelli di bagnoschiuma e shampoo.
Sfatiamo un mito: dopo un'infestazione da pidocchi non è necessario mettere il bambino in quarantena, anzi il bambino può tornare a scuola il giorno dopo aver somministrato il trattamento, come indica lo stesso Ministero della salute. Certamente è molto importante per noi mamme avvisare la maestra e sull'infestazione e sul trattamento utilizzato. Dovremo inoltre dire al nostro bambino di non scambiarsi indumenti quali cappelli, sciapre e giubbotti con i suoi compagni di scuola.
Per rispondere a questa domanda forse è meglio partire dal suo contrario: ovvero cosa non bisogna fare. In questo caso, mi spiace tanto per le nonne, ma i loro rimedi non funzionano. Quindi, sempre con molta calma, in maniera tale da non spaventare il bambino, dobbiamo fare ricorso a trattamenti specifici disponibili sul mercato capaci di uccidere i pidocchi e nello stesso tempo curare il capello.
Il più conosciuto è senza dubbio l'aceto, ma non è il solo, prima si utilizzavano sostanze derivate dal petrolio, delle paraffine troppo aggressive che spesso procuravano allergie e dermatiti. Se proprio vogliamo, l'aceto è consigliato per i lavaggi successivi alla terapia utili per lavare via i residui.
Purtroppo sì. Ma anche in questo caso non bisogna farsi vedere afflitti dal bambino. Questo può capitare perchè il pidocchio è un parassita resistente, è come protetto da un guscio che deve essere rotto dall'azione della permetrina. In ogni caso questa da sola non basta, è importantissima la modalità di applicazione del prodotto soprattutto per quanto riguarda i tempi. L'ideale sarebbe un massaggio continuativo di una ventina di minuti insistendo nelle zone dove i pidocchi si annidano. Ricordate il massaggio è importante.
Purtroppo sì. Il bruciore è una piccola sofferenza necessaria causata dalla permetrina che va ad agire sulle piccole ferite causate dai morsi del pidocchio: più ferite, più pidocchi e quindi anche più bruciore sulla testa del nostro bambino.
Direi il pettinino. Un pettine particolare a denti strettissimi, utile per togliere tutti i residui rimasti sulla testa dopo i trattamenti. Deve essere di metallo perchè dopo l'utilizzo dobbiamo poterlo passare sotto l'acqua a 60°, temperatura letale sia per le lendini che per i pidocchi. A loro piace il calore umano a 36-37° gradi, mentre muoiono a temperature più elevate.
Voglio insistere su un punto e per farlo uso una metafora: la pediculosi è come il raffreddore, una patologia, un problema da affrontare con delle specifiche terapie ma soprattutto comunicandola al bambino in maniera corretta. Non deve provare vergogna, ad aiutarlo non sarete sole: servirà anche il supporto delle comunità che lui frequenta prime tra tutte il resto della famiglia e la scuola.
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